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Oculus

Tim e Kaylie Russell hanno un occasione unica, quella di fare i conti con il passato, che ha tolto loro l'infanzia oltre che i genitori, Tim è stato in prigione per aver sparato a suo padre, e non gli interessa ripercorrere i ricordi ormai sepolti, ma Kaylie non ci sta, e grazie al suo lavoro in una casa d'aste, riesce ad ottenere il vecchio specchio maledetto, per scoprirne gli altarini e cercare di fregarlo prima che lui frega lei e suo fratello, ma le cose andranno non come se lo aspetta lei.

Lungi da me nel dire che questo film sia un capolavoro, no, non lo è, ma nel grande calderone di horror triti e ritriti, è una ventata d'aria fresca, e scusate se è poco.
Il regista sa costruire bene la storia basandosi principalmente sulla psicologia dei personaggi, complice una sceneggiatura scritta strabenissimo dal regista insieme a Jeff Howard, che invece di prendere la strada facile facile dell'horror scatologico che esce di questi tempi, usa la narrazzione e costruisce una trama basandosi su due piani temporali.
C'è l'infanzia dei protagonisti, li vediamo bambini insieme alla madre che piano piano subisce l'influenza nefasta dello specchio maledetto, c'è il padre che ne viene avvelenato, e poi ci sono loro che vivono un incubo che segnerà indelebilmente le loro vite.
Quello che succede contemporaneamente, è frutto di una promessa che i due bimbi si scambiarono quando ormai erano rimasti soli, che avrebbero risolto la cosa una volta per tutte.
Come in tutte le maledizioni, anche questo specchio trasfigura lentamente la tensione tra i due fratelli, sfidandoli, a chi riuscirà ad avvilupparli, non è un avversario facile ed è anche piuttosto temibile, riesce a giocare persino al gatto col topo, visto che un demone vive dentro quello specchio.
A differenza del fratello Kaylie conosce lo specchio e non si lascia intimidire, sa come deve prenderlo, maneggiarlo, e controllarlo, perchè ci ha letto parecchio su come fare; Tim  invece crede che questo sia solo il frutto di brutti ricordi ormai seppelliti che non vale la pena rivangare, ed è proprio questa debolezza che alla fine fa saltare tutto quanto, e quando tornerà a crederci, sarà ormai troppo tardi.
Un buon film devo dire, non scorre molto sangue, ma è capace di tenerti ancorato alla poltrona, e di questi tempi è cosa più unica che rara.
Il regista a differenza di tanti dilettanti, conosce benissimo le regole del genere, e si diverte a spiazzare lo spettatore, pur non facendo nulla di innovativo, riesce a catapultare e coinvolgere lo spettatore, che si ritrova conquistato scena dopo scena, ditemi voi oggi chi è capace di fare questo? Solo i grandi nomi, i geni come li definisco io Carpenter di cui nutro una passione viscerale e Romero, insieme ad altri registi della vecchia guardia, e il sapere che un giovane è riuscito a fare questo mi da la speranza di un genere molto amato da queste parti.
Promosso.
Voto: 7


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