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Lazzaro Felice

 

Torna alla fabbrica dopo la sua ultima opera cinematografica, la bravissima regista cinematografica italiana Alice Rorhwacher, con il suo terzo film, per me senza dubbio il più bel film italiano del decennio scorso, e non può essere altrimenti.




Così per la rubrica Riguarda & Recensisci, dove recensisco i film visti in precedenza ma che non ho recensito dopo la visione, ho deciso di inserire finalmente alla fabbrica il suo film migliore.
Spesso la bontà umana si da per scontata, si pensa che sia una cosa quasi banale, vissuta nei contesti più disparati, eppure se ci pensiamo bene attraverso una storia molto semplice, messa su, con una semplicità disarmante, come ha fatto Alice proprio in questa sua opera terza non lo è.
Il personaggio di Lazzaro un uomo buono, vive e lavora da contadino nella proprietà della contessa che ha ingannato tutti trattandoli come schiavi e non pagando la gente che bada alle sue proprietà - interpretata da una inquietante e bravissima Nicoletta Braschi  in un ruolo di villain che ha sorpreso anche me - fa amicizia proprio col figlio della contessa, proprio nel momento in cui il giovane, stanco delle continue  vessazioni della madre, decide di organizzare un finto rapimento per raggranellare qualche soldo dalla sua avara genitrice.
La cosa ovviamente non funziona e il piano fallisce, nel frattempo però proprio questo piano porta alla luce l'inganno della contessa, che si vede da un giorno all'altro distrutto tutto quello che ha messo in piedi, e da un giorno all'altro le autorità chiudono la sua attività.
I contadini anch'essi sono costretti a cambiar vita, passano gli anni e si ritrovano tutti, ognuno con i loro problemi.
La cosa più bizzarra che succede a Lazzaro sia morire prima di rinascere a una nuova vita, quando i contadini si ritroveranno tutti e lo riporteranno con se.
Quando però è nella fase dove non risponde, un lupo si avvicina per sbranarlo (una chiara metafora sulla vita), ma questi non riesce a farlo perché ha un odore particolare, quello di un uomo buono.
Per la prima volta un film che narra una storia con chiare metafore favolistiche se possiamo chiamarle così, ha con se dei tratti parecchio sensibili che colpiscono all'occhio e al cuore lo spettatore, e difficilmente si resta freddi di fronte a certe tematiche.
Il film è una chiara denuncia all'avidità umana, al capitalismo, che porta il più bastardo ad approfittarsi del più debole, e sta proprio qui la costruzione di una storia tanto semplice quanto complessa come questa di Lazzaro.
Egli è un uomo buono, un uomo puro, e non si sognerebbe mai di far male alle persone, anche nel bellissimo finale, dove è praticamente disarmato, e casualmente vediamo il lupo dentro la banca (ma a proposito, come ci sia entrato? Me lo sono domandato anche io, da qui la metafora) e la gente crede che sia entrato in banca per una rapina, e sta proprio lì che accade l'irreparabile, lui voleva solamente che la famiglia che lo sfruttava, riottenesse i suoi averi, lo dice senza ovviamente far del male a nessuno, come ha sempre fatto.
Allora, state ancora lì? Che aspettate a guardare questo piccolo ma grande capolavoro?




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