Estate, tempo di horror.
Come ogni anno c'è l'edizione estiva della rubrica dedicata a questo cinema, io la faccio durare tutto l'anno, quando ovviamente sono attiva, perché sono una grande appassionata di cinema horror, è come se facessi notte horror tutto l'anno tanto per fare un esempio.
Quest'anno ricomincio con un po' di ritardo, causa l'editing del terzo romanzo della mia saga, ma non importa, perché il cinema horror ci farà compagnia per una settimana fino a sabato prossimo, poi la rubrica tornerà regolarmente ogni settimana di martedì.
E per aprire le danze ho pensato bene di recensire il nuovo lavoro di Roberto De Feo che dirige un film a quattro mani con l'esordiente Paolo Strippoli-
A Classic Horror Story è un film ricchissimo di citazioni, allo stesso tempo un opera che cammina con le sue gambe.
Si possono ritrovare molte ispirazioni, segno che i due autori amano il genere cinematografico horror, e queste ispirazioni vanno da Non aprite quella porta, Hostel, La Montagna Sacra, Midsommar e tanti altri film.
A Classic Horror Story potrei definirlo un incubo ad occhi aperti con un twist finale che vi lascerà di stucco, un film che mixa i generi e sottogeneri horror senza mai strafare.
Certe volte le opere a quattro mani non sono del tutto riuscite, devo dire il contrario per questo sorprendente film, che potrebbe risultare poco originale dato le citazioni, ma che riesce ad avere una sua identità.
Si va dal torture, al folk horror, con una trama a dir poco agghiacciante nel senso positivo del termine ovviamente con un film che nonostante le citazioni sia originale, come una specie di ventata fresca, in un panorama cinematografico azzoppato dalla pandemia.
Mi è piaciuto moltissimo.
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