C'è una ragione per cui noi che viviamo nel terzo millennio dobbiamo guardare un film girato con la stessa tecnica del cinema di quando è arrivato il sonoro che si ispira all'espressionismo tedesco? SI, e ora vi spiego il perché. Qui trovate l'articolo su The Kings of Horror
The Lighthouse non è un film facile; spacchiamo il capello in quattro e parliamo di questo film che chiamare straordinario vuol dire poco.
Pensare che sia una opera seconda rende il tutto ancora più interessante, dietro la mdp abbiamo l'autore di The VVitch, e questo rende la cosa molto allettante non trovate?
Però, questa è un operazione decisamente più estrema e diversa rispetto alla sua opera precedente: parlato in inglese arcaico, girato ispirandosi ai primi film sonori e all'espressionismo, cosa può raccontare un film del genere?
La convivenza forzata di due guardiani di un faro, il più anziano, che sembra non essersi mosso da li da parecchi decenni, e quello più giovane che sostituisce il guardiano sparito.
Che fine ha fatto il guardiano che viene sostituito dal più giovane?
Il film è una discesa agli inferi della follia più pura, due uomini isolati dal mondo intero, che stanno dentro un faro, cosa potrà mai accadere se non che il giovane viene usato dall'anziano per i lavori sempre più degradanti?
Il discendere nella follia comincia proprio con questa sopraffazione, che rende i due uomini come pugili su un ring pronti a battagliarsi tra loro.
All'inizio sembra che le cose comincino per il verso giusto, e verso la parte centrale che le cose peggiorano di giorno in giorno, l'anziano abusa verbalmente del giovane, gli sta col fiato sul collo; lo degrada e alla fine potete immaginare cosa succede.
Un film strano, e affascinante allo stesso tempo.
Però adesso risponderò alla domanda posta prima della recensione, c'è una ragione per vedere questo film?
La ragione innanzitutto sta nella nostra memoria, nella riscoperta per noi cinefili di una tecnica cinematografica andata ormai perduta, e poi anche nella storia, tetra, girata in bianco e nero dove non esiste speranza; ma solo sopraffazione e violenza.
Un operazione decisamente riuscita alla grandissima, che conferma il talento di un autore da tenere d'occhio, perché questo ragazzo di 36 anni, ha tanto da dirci col suo cinema, e soprattutto sa come farlo.
Con Robert Eggers il cinema del passato ritorna attuale, e lo trasferisce nel terzo millennio, roba decisamente non da poco per un quasi capolavoro, ed è un opera seconda.
The Lighthouse non è un film facile; spacchiamo il capello in quattro e parliamo di questo film che chiamare straordinario vuol dire poco.
Pensare che sia una opera seconda rende il tutto ancora più interessante, dietro la mdp abbiamo l'autore di The VVitch, e questo rende la cosa molto allettante non trovate?
Però, questa è un operazione decisamente più estrema e diversa rispetto alla sua opera precedente: parlato in inglese arcaico, girato ispirandosi ai primi film sonori e all'espressionismo, cosa può raccontare un film del genere?
La convivenza forzata di due guardiani di un faro, il più anziano, che sembra non essersi mosso da li da parecchi decenni, e quello più giovane che sostituisce il guardiano sparito.
Che fine ha fatto il guardiano che viene sostituito dal più giovane?
Il film è una discesa agli inferi della follia più pura, due uomini isolati dal mondo intero, che stanno dentro un faro, cosa potrà mai accadere se non che il giovane viene usato dall'anziano per i lavori sempre più degradanti?
Il discendere nella follia comincia proprio con questa sopraffazione, che rende i due uomini come pugili su un ring pronti a battagliarsi tra loro.
All'inizio sembra che le cose comincino per il verso giusto, e verso la parte centrale che le cose peggiorano di giorno in giorno, l'anziano abusa verbalmente del giovane, gli sta col fiato sul collo; lo degrada e alla fine potete immaginare cosa succede.
Un film strano, e affascinante allo stesso tempo.
Però adesso risponderò alla domanda posta prima della recensione, c'è una ragione per vedere questo film?
La ragione innanzitutto sta nella nostra memoria, nella riscoperta per noi cinefili di una tecnica cinematografica andata ormai perduta, e poi anche nella storia, tetra, girata in bianco e nero dove non esiste speranza; ma solo sopraffazione e violenza.
Un operazione decisamente riuscita alla grandissima, che conferma il talento di un autore da tenere d'occhio, perché questo ragazzo di 36 anni, ha tanto da dirci col suo cinema, e soprattutto sa come farlo.
Con Robert Eggers il cinema del passato ritorna attuale, e lo trasferisce nel terzo millennio, roba decisamente non da poco per un quasi capolavoro, ed è un opera seconda.
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