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Caterina va in Città

 

Nuovo appuntamento col cinema di Paolo Virzì e stavolta la protagonista del suo film è una ragazzina, che con la sua famiglia si trasferisce a Roma, e nella città eterna, la vita comincia in maniera sorprendentemente folle, lunatica e intrigante.




Nel cinema di Paolo Virzì, troviamo parecchi stili, come se egli stesso volesse rinnovare la tradizione della commedia all'Italiana, aggiornandola ai tempi moderni.
L'operazione gli è sempre riuscita, anche con questo piccolo, stralunato e malinconico film.
Si perché la protagonista è LEI Caterina, giovane liceale italiana, che nella capitale fa parecchie amicizie e nuovi incontri.
Il padre ha un romanzo nel cassetto, e cerca di pubblicarlo, la madre è sempre attenta che in casa non manchi nulla, aiuta la zia Adelina mentre il marito lavora e cerca di realizzare i suoi sogni.
Un film molto lontano dalla malinconia degli esordi, dal ritratto dell'italia berlusconiana, anche se qua non manca una frecciatina al personaggio interpretato da Claudio Amendola che qui interpreta un politico di destra.
Allucinante la scena del coro fascista col saluto romano, una chiara critica verso l'orientamento a destra cominciato con l'avvento del Berlusca come politico.
Tuttavia, Caterina Va in Città non è solo una commedia, è un romanzo di formazione, dove una ragazzina incontra tanti altri giovani come lei, fa le sue esperienze, cresce, fa le sue amicizie fino all'arrivo del primo amore.
Virzì ovviamente si concentra sulla fanciullezza di Caterina e lascia di lato le altre esperienze, a lui interessa parlare d'altro, non gli  interessa narrare la storia della maturazione di una ragazza, ma solo e semplicemente la sua fanciullezza.
E lo fa in maniera lucida e sincera, con una specie di disincanto che lascia sorpreso lo spettatore, ovviamente in maniera positiva.
Un piccolo ma grande film capace di emozionare ancora, dopo venti anni dalla sua uscita.
Buona Visione.





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