Ultimo capitolo della trilogia della morte, per questo film Gus Van Sant si ispira alla tragica morte del leader dei Nirvana Kurt Cobain, cambiando ovviamente nome ai personaggi, forse per una questione di diritti, ma la storia tragica fa comunque capire chiaramente di chi si tratta, ci troviamo di fronte a uno dei film sperimentali e complessi della filmografia di Van Sant, completamente lontano dal clamore dei due precedenti capitoli della trilogia, qui si respira aria di sofferenza, il protagonista Blake è un loser, completamente inghiottito dalla sua solitudine, dal male di vivere, la moglie e gli amici sono completamente assenti, e tutto il mondo attorno a lui non lo prende in considerazione, è un essere invisibile, quasi anonimo, che vive la vita in silenzio, senza speranza nè prospettive, è un personaggio depresso, complesso, che solo la bravura di un attore come Michael Pitt ha saputo trasmettere sullo schermo.
D'altra parte la regia di Gus Van Sant è asettica, filma esattamente ciò che accade come voler dare un pugno nello stomaco allo spettatore per trasmettere quella stessa depressione alla visione di quest'opera, i cui dialoghi sono ridotti all'osso, per accentuare l'oppressione che vive il protagonista, con una pesantezza quasi soffocante, ma se non ci fosse stata il film sarebbe stato banale, ed è proprio questo lato atroce del film che lascia lo spettatore impressionato.
Non ci sono vie di mezzo, o lo si ama questo film, o lo si odia, ma ve lo dico subito, non è un film per tutti, quindi se volete un film di intrattenimento vi posso consigliare mille e più titoli, ma se volete un film complesso e vi piace il cinema sperimentale allora questa è un opera da non perdere.
Sicuramente è il film più disperato di Van Sant, venato di un pessimismo che va oltre ogni limite, in cui chiaramente Van Sant dimostra fin subito allo spettatore che non vuole essere tenero, anzi tutt'altro, lo vuole scioccare, non con particolari scene impressionanti, ma con l'ambientazione della storia, per altro scritta benissimo e diretta in modo superbo da un autore che ha ormai raggiunto una maturità registica che non lascia dubbio della sua grandezza.
DA COLLEZIONARE.
D'altra parte la regia di Gus Van Sant è asettica, filma esattamente ciò che accade come voler dare un pugno nello stomaco allo spettatore per trasmettere quella stessa depressione alla visione di quest'opera, i cui dialoghi sono ridotti all'osso, per accentuare l'oppressione che vive il protagonista, con una pesantezza quasi soffocante, ma se non ci fosse stata il film sarebbe stato banale, ed è proprio questo lato atroce del film che lascia lo spettatore impressionato.
Non ci sono vie di mezzo, o lo si ama questo film, o lo si odia, ma ve lo dico subito, non è un film per tutti, quindi se volete un film di intrattenimento vi posso consigliare mille e più titoli, ma se volete un film complesso e vi piace il cinema sperimentale allora questa è un opera da non perdere.
Sicuramente è il film più disperato di Van Sant, venato di un pessimismo che va oltre ogni limite, in cui chiaramente Van Sant dimostra fin subito allo spettatore che non vuole essere tenero, anzi tutt'altro, lo vuole scioccare, non con particolari scene impressionanti, ma con l'ambientazione della storia, per altro scritta benissimo e diretta in modo superbo da un autore che ha ormai raggiunto una maturità registica che non lascia dubbio della sua grandezza.
DA COLLEZIONARE.
un grande film. certo non la pellicola su kurt cobain che molti si aspettavano.0
RispondiEliminacredo però che a kurt sarebbe piaciuto molto
lo credo anch'io, è cmq una pellicola sperimentale, di non facile ingestione, ma è pur sempre un grande film, dietro la macchina da presa abbiamo Van Sant, mica un novellino qualunque ^^
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