Questo è un film che mi ha colpito molto, e anche positivamente.
Ammetto di non conoscere l'autore ma vi assicuro che lo ritengo molto interessante, anzi direi che ben presto visionerò un altro suo film che ho in programma e questo è già positivo in quanto non sono molti gli autori che stuzzicano la mia curiosità, come l'ha stuzzicata Bruno Dumont, anzi uno c'è ed è Tarkovskij ma quella è un altra storia.
Primo film visionato, quindi potete capire da dove parte questa mia recensione.
Mi ha colpito molto il minimalismo, molto simile al cinema di un altro grande autore Robert Bresson, anche se qui è descritto in maniera opressiva, volta a sottolineare il malessere del protagonista, Freddy, malato di epilessia, che con i suoi amici passa il tempo a scorrazzare in motocicletta, senza una prospettiva, senza futuro.
Freddy ha una storia con Marie, una ragazza con cui passa la maggioranza del tempo principalmente a fare sesso, e che lavora come cassiera in un supermercato.
Dumont fotografa un adolescenza inquieta dentro una piccola cittadina dove non ci sono prospettive, nè futuro, a "contaminare" quel piccolo mondo ristretto - che per altro è sottolineato dalla mancanza di ideali e da una feroce xenofobia - è una famiglia magrebina, che diventa oggetto dell'odio del gruppo di ragazzini.
Bruno Dumont fotografa con una sincerità disarmante, la piccola cittadina delle Filande Bailleul, dove è ambientato il film, concentrandosi in maniera esplicita e inequivocabile sul malessere del protagonista, un giovane che si lascia trascinare da una vita di cui non si riconsce, e l'ambiente dove vive è simile a una prigione se ci fate caso.
Quel piccolo paese dove tutti si conoscono, la vita scorre uguale, in tv parlano soltanto di episodi di violenza, e un deserto costante invade la vita delle persone, non sono certo il luogo ideale per cui crescere.
A peggiorare le cose c'è il trascinarsi dietro il gruppo, covando un odio xenofobo verso il giovane magrebino che nel frattempo comincia a frequentare i posti che frequentano gli altri, ma mentre Freddy si lascia trascinare, la differenza è che il giovane magrebino ha una personalità propria.
Si arriverà al punto di commettere una tragedia, quando la ragazza comincerà a frequentare il magrebino...e forse quella tragedia segnerà il punto di non ritorno per Freddy, per un cambiamento che non riguarderà nessuna delle persone che conosce.
Un film davvero incredibile, reso interessante dalla sapienza di Dumont nel saper cogliere il suo stato d'animo, un film non facile devo ammetterlo, ma molto molto interessante, tornerò a parlare di Dumont, perchè lo ritengo un autore da conoscere, soprattutto se si ama il cinema.
Ringrazio l'amico J.Doinel che fin dall'anno scorso mi dice tirandomi un po' le orecchie di avvicinarmi a Dumont, che lui considera un genio, e un po' gli do ragione.
Anzi, la dedico a lui la recensione di stasera, perchè come cinefilo è una persona dalla cultura cinematografica mostruosa, con lui c'è solo da imparare.
Voto: 8
Ammetto di non conoscere l'autore ma vi assicuro che lo ritengo molto interessante, anzi direi che ben presto visionerò un altro suo film che ho in programma e questo è già positivo in quanto non sono molti gli autori che stuzzicano la mia curiosità, come l'ha stuzzicata Bruno Dumont, anzi uno c'è ed è Tarkovskij ma quella è un altra storia.
Primo film visionato, quindi potete capire da dove parte questa mia recensione.
Mi ha colpito molto il minimalismo, molto simile al cinema di un altro grande autore Robert Bresson, anche se qui è descritto in maniera opressiva, volta a sottolineare il malessere del protagonista, Freddy, malato di epilessia, che con i suoi amici passa il tempo a scorrazzare in motocicletta, senza una prospettiva, senza futuro.
Freddy ha una storia con Marie, una ragazza con cui passa la maggioranza del tempo principalmente a fare sesso, e che lavora come cassiera in un supermercato.
Dumont fotografa un adolescenza inquieta dentro una piccola cittadina dove non ci sono prospettive, nè futuro, a "contaminare" quel piccolo mondo ristretto - che per altro è sottolineato dalla mancanza di ideali e da una feroce xenofobia - è una famiglia magrebina, che diventa oggetto dell'odio del gruppo di ragazzini.
Bruno Dumont fotografa con una sincerità disarmante, la piccola cittadina delle Filande Bailleul, dove è ambientato il film, concentrandosi in maniera esplicita e inequivocabile sul malessere del protagonista, un giovane che si lascia trascinare da una vita di cui non si riconsce, e l'ambiente dove vive è simile a una prigione se ci fate caso.
Quel piccolo paese dove tutti si conoscono, la vita scorre uguale, in tv parlano soltanto di episodi di violenza, e un deserto costante invade la vita delle persone, non sono certo il luogo ideale per cui crescere.
A peggiorare le cose c'è il trascinarsi dietro il gruppo, covando un odio xenofobo verso il giovane magrebino che nel frattempo comincia a frequentare i posti che frequentano gli altri, ma mentre Freddy si lascia trascinare, la differenza è che il giovane magrebino ha una personalità propria.
Si arriverà al punto di commettere una tragedia, quando la ragazza comincerà a frequentare il magrebino...e forse quella tragedia segnerà il punto di non ritorno per Freddy, per un cambiamento che non riguarderà nessuna delle persone che conosce.
Un film davvero incredibile, reso interessante dalla sapienza di Dumont nel saper cogliere il suo stato d'animo, un film non facile devo ammetterlo, ma molto molto interessante, tornerò a parlare di Dumont, perchè lo ritengo un autore da conoscere, soprattutto se si ama il cinema.
Ringrazio l'amico J.Doinel che fin dall'anno scorso mi dice tirandomi un po' le orecchie di avvicinarmi a Dumont, che lui considera un genio, e un po' gli do ragione.
Anzi, la dedico a lui la recensione di stasera, perchè come cinefilo è una persona dalla cultura cinematografica mostruosa, con lui c'è solo da imparare.
Voto: 8
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