Ne ho sempre letto come un film scandaloso per i tempi, eppure durante la visione mi sono stupita degli effetti in cui il potere può sottomettere gli individui.
Questa è la storia del morboso rapporto sadomasochistico tra Max, un grandioso Dirk Bogard, e Lucia una sempre fulgida Charlotte Rampling.
Come avete potuto constatare non si tratta di una storia che lo spettatore conoscendo la storia può accettare piacevolmente, questo non gli toglie ovviamente l'aura di capolavoro, perchè il film, nonostante il passare del tempo ha una forza grandiosa senza pari, ed è impossibile dimenticarlo, ti rimane dentro, soprattutto perchè mostra senza mezzi termini che il lato oscuro, non è mai da una sola parte.
La regista, da autentica donna intelligente non da un parere su chi è buono o chi è cattivo, si limita a narrare la storia sottolineando le sfaccettature, e le incoerenze che travolgono gli esseri umani.
Liliana Cavani lascia che sia lo spettatore a porsi delle domande, a prendere una posizione precisa, che non sta mai da una parte sola, ma che resta nel mezzo di uno strano rapporto basato sulla violenza e la sopraffazzione, ma soprattutto sull'accettazione di tutto ciò come base di un rapporto d'amore malato, che ti travolge come un fiume in piena, dimostrandoti che il passato, non ti lascia mai del tutto, anche se per dimenticare l'orrore devi stare nascosto dietro il bancone di un albergo a fare il portiere.
Quello che sorprende nell'opera di Liliana Cavani, è la trasformazione dei rapporti umani durante la tragedia dell'olocausto, e la trasformazione di questi come atti meccanici, volti non per cercare l'amore di una persona che ci accompagnerà per la vita, ma la brutalità per dimenticare un altra brutalità, ben più radicata e profonda del semplice rapporto d'amore.
Quello che vediamo nello schermo non è amore, ovvero l'attrazione che ci porta verso un altro individuo con lo scopo di dividere il proprio cuore e la propria vita, è il risultato della brutalità di un orrore che il pubblico percepisce fin dall'inizio, un orrore che ha segnato nel profondo i due protagonisti, che ora sono dipendenti l'uno dall'altra, come risposta a un dolore che sono incapaci di sostenere e superare, un po' come se dopo una tragedia una persona rimuove il dolore per cominciare una nuova vita, ma quando questo ritorna sotto diverse spoglie, è presente, e invece di affrontarlo e superarlo, lo si abbraccia, forse per dimenticare, forse per superarlo non ci è dato saperlo.
E' lì, è presente, e nonostante tutti i propositi finirà per avvolgere la vita di Lucia fino a inghiottirla del tutto.
Il film è un disperato apologo sulla violenza, diretto da una regista Liliana Cavani capace di colpire nel profondo, non sta mai da una parte precisa come ho detto prima, anzi affonda il coltello nella piaga, in modo che ciò che vediamo sullo schermo ci accompagni subito dopo la visione e anche oltre, una volta che hai visto Il Portiere di Notte non lo dimentichi più, soprattutto per la capacità con cui affronta con delicatezza un tema tanto difficile come il dolore dopo la guerra, sono pochi i film del genere capaci di suscitare grandi emozioni, avvolte difficili, altre contrastanti, perchè la guerra infondo, è solo un pretesto per conquistare con violenza e sopraffazione ciò che vogliamo strappare agli altri, la libertà e la dignità, e tutto questo risveglia il lato oscuro di ognuno di noi...purtroppo.
Capolavoro.
Voto: 10
Questa è la storia del morboso rapporto sadomasochistico tra Max, un grandioso Dirk Bogard, e Lucia una sempre fulgida Charlotte Rampling.
Come avete potuto constatare non si tratta di una storia che lo spettatore conoscendo la storia può accettare piacevolmente, questo non gli toglie ovviamente l'aura di capolavoro, perchè il film, nonostante il passare del tempo ha una forza grandiosa senza pari, ed è impossibile dimenticarlo, ti rimane dentro, soprattutto perchè mostra senza mezzi termini che il lato oscuro, non è mai da una sola parte.
La regista, da autentica donna intelligente non da un parere su chi è buono o chi è cattivo, si limita a narrare la storia sottolineando le sfaccettature, e le incoerenze che travolgono gli esseri umani.
Liliana Cavani lascia che sia lo spettatore a porsi delle domande, a prendere una posizione precisa, che non sta mai da una parte sola, ma che resta nel mezzo di uno strano rapporto basato sulla violenza e la sopraffazzione, ma soprattutto sull'accettazione di tutto ciò come base di un rapporto d'amore malato, che ti travolge come un fiume in piena, dimostrandoti che il passato, non ti lascia mai del tutto, anche se per dimenticare l'orrore devi stare nascosto dietro il bancone di un albergo a fare il portiere.
Quello che sorprende nell'opera di Liliana Cavani, è la trasformazione dei rapporti umani durante la tragedia dell'olocausto, e la trasformazione di questi come atti meccanici, volti non per cercare l'amore di una persona che ci accompagnerà per la vita, ma la brutalità per dimenticare un altra brutalità, ben più radicata e profonda del semplice rapporto d'amore.
Quello che vediamo nello schermo non è amore, ovvero l'attrazione che ci porta verso un altro individuo con lo scopo di dividere il proprio cuore e la propria vita, è il risultato della brutalità di un orrore che il pubblico percepisce fin dall'inizio, un orrore che ha segnato nel profondo i due protagonisti, che ora sono dipendenti l'uno dall'altra, come risposta a un dolore che sono incapaci di sostenere e superare, un po' come se dopo una tragedia una persona rimuove il dolore per cominciare una nuova vita, ma quando questo ritorna sotto diverse spoglie, è presente, e invece di affrontarlo e superarlo, lo si abbraccia, forse per dimenticare, forse per superarlo non ci è dato saperlo.
E' lì, è presente, e nonostante tutti i propositi finirà per avvolgere la vita di Lucia fino a inghiottirla del tutto.
Il film è un disperato apologo sulla violenza, diretto da una regista Liliana Cavani capace di colpire nel profondo, non sta mai da una parte precisa come ho detto prima, anzi affonda il coltello nella piaga, in modo che ciò che vediamo sullo schermo ci accompagni subito dopo la visione e anche oltre, una volta che hai visto Il Portiere di Notte non lo dimentichi più, soprattutto per la capacità con cui affronta con delicatezza un tema tanto difficile come il dolore dopo la guerra, sono pochi i film del genere capaci di suscitare grandi emozioni, avvolte difficili, altre contrastanti, perchè la guerra infondo, è solo un pretesto per conquistare con violenza e sopraffazione ciò che vogliamo strappare agli altri, la libertà e la dignità, e tutto questo risveglia il lato oscuro di ognuno di noi...purtroppo.
Capolavoro.
Voto: 10
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