Secondo capitolo della trilogia americana di Lars Von Trier, l'america vista attraverso la vergogna che l'ha macchiata per secoli, ovvero la segregazione razziale, uscita di scena Nicole Kidman - che nel secondo capitolo avrebbe fatto faville, ma vabbè lavorare con Trier non è certo una passeggiata - nel ruolo di Grace troviamo la giovanissima Bryce Dallas Howard, attrice che a confronto della Kidman con poca esperienza, ma un curriculum appetitoso, e di per se in questo film non fa rimpiangere la Kidman, anzi da alla sua Grace, un impronta umanistica da non sottovalutare.
Se nel primo capitolo c'era l'entrata di Grace in una comunità di "brave persone" ma che di bravo hanno solo la nomina, ma poi sono uguali a tutti gli altri, forse anche peggio, e la convivenza con le loro tradizioni, con le loro regole, in questo secondo capitolo c'è il controllo degli esseri umani, da parte di un superiore, in questo caso Mam, interpretata da una straordinaria Lauren Bacall, il suo è un piccolo ruolo ma efficace, che le consente di esprimere al meglio la storia. Alla morte di Mam, è Grace che prende il controllo della piantagione di Manderlay, grazie a una richiesta che ha fatto al padre, una richiesta di indipendenza, in quella piantagione vige ancora la legge della schiavitù, scritta in un libro che Mam conservava gelosamente e che descriveva la personalità e la psicologia dei neri che vi lavoravano, quel libro è chiamato la legge di Mam, dai neri, che lo seguono minuziosamente, come se al mondo esistesse la legge del padrone, e che loro non avevano nessuna autorità di contraddirla, non è forse questa la schiavitù, la dipendenza?
L'arrivo di Grace alla piantagione da una ventata di novità e di ideologismi, che si scontrano continuamente con le dure leggi della vecchia padrona, ma ormai è lei a dettare legge la dentro, è lei che vive le storie di tutti i giorni, è lei che deve scegliere attraverso il voto democratico della comunità di Manderlay, se una donna che ha causato la morte di una bambina per fame debba vivere o morire, il verdetto è spietato, e lei da autorità si vede costretta a recidere una vita, questa è per Von Trier una chiara critica alle leggi barbare che vigono in america, alle sue comunità, alla sua mentalità ristretta, beh se si deve rappresentare l'america, perchè non farlo senza facili sentimentalismi, ma come realmente è, gioie e dolori inclusi, e Von Trier ci riesce appieno, le ambientazioni sono teatrali come in dogville, e lui strizza il suo occhio provocatorio mettendo in scena un amplesso tra schiavo e padrone, senza però scadere in facili provocazioni, c'è tutto, non manca nulla, in questo secondo capitolo che si conclude come il primo, ma che lascia un po' di confusione sulla nuova destinazione di Grace.
DA NON PERDERE ASSOLUTAMENTE.
Se nel primo capitolo c'era l'entrata di Grace in una comunità di "brave persone" ma che di bravo hanno solo la nomina, ma poi sono uguali a tutti gli altri, forse anche peggio, e la convivenza con le loro tradizioni, con le loro regole, in questo secondo capitolo c'è il controllo degli esseri umani, da parte di un superiore, in questo caso Mam, interpretata da una straordinaria Lauren Bacall, il suo è un piccolo ruolo ma efficace, che le consente di esprimere al meglio la storia. Alla morte di Mam, è Grace che prende il controllo della piantagione di Manderlay, grazie a una richiesta che ha fatto al padre, una richiesta di indipendenza, in quella piantagione vige ancora la legge della schiavitù, scritta in un libro che Mam conservava gelosamente e che descriveva la personalità e la psicologia dei neri che vi lavoravano, quel libro è chiamato la legge di Mam, dai neri, che lo seguono minuziosamente, come se al mondo esistesse la legge del padrone, e che loro non avevano nessuna autorità di contraddirla, non è forse questa la schiavitù, la dipendenza?
L'arrivo di Grace alla piantagione da una ventata di novità e di ideologismi, che si scontrano continuamente con le dure leggi della vecchia padrona, ma ormai è lei a dettare legge la dentro, è lei che vive le storie di tutti i giorni, è lei che deve scegliere attraverso il voto democratico della comunità di Manderlay, se una donna che ha causato la morte di una bambina per fame debba vivere o morire, il verdetto è spietato, e lei da autorità si vede costretta a recidere una vita, questa è per Von Trier una chiara critica alle leggi barbare che vigono in america, alle sue comunità, alla sua mentalità ristretta, beh se si deve rappresentare l'america, perchè non farlo senza facili sentimentalismi, ma come realmente è, gioie e dolori inclusi, e Von Trier ci riesce appieno, le ambientazioni sono teatrali come in dogville, e lui strizza il suo occhio provocatorio mettendo in scena un amplesso tra schiavo e padrone, senza però scadere in facili provocazioni, c'è tutto, non manca nulla, in questo secondo capitolo che si conclude come il primo, ma che lascia un po' di confusione sulla nuova destinazione di Grace.
DA NON PERDERE ASSOLUTAMENTE.
Io che ho adorato Dogville, uno dei miei film preferiti in assoluto, ho trovato davvero irritante e insignificate questo film.
RispondiEliminaa me è piaciuto e molto, certo nel primo film era tutta un altra storia, ma è l'america vista da von trier, uno che riesce ad essere irritante avvolte, solo che con questo film che ho trovato molto profondo invece, ha raccontato come una piccola comunità sia dipendente da una figura suprema, un po' come accade nelle dittature :)
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