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King of New York

Abel Ferrara, sceglie Christopher Walken, per King of New York, non ho visto molto di Ferrara, ma quel poco che ho visto me lo ha fatto apprezzare parecchio, questo è il terzo film che vedo e devo dire che mi ha lasciata molto sorpresa, il protagonista è Frank Whale (Walken), un gangster appena uscito di prigione per spaccio di droga, che vuole tornare nel giro, e per farlo deve togliere di mezzo i suoi concorrenti, motivo? La costruzione di un ospedale che il municipio non può fare perchè è a corto di fondi, allora ci pensa proprio Frank a farlo, e non mancheranno scontri con la sua banda di amici e le persone che vuole fare fuori, accanto a lui c'è l'ex avvocato Jenny che è innamorata di lui.
Un Gangster movie lontano dall'epicità de Il Padrino e della violenza metropolitana di Scorsese e Quei bravi ragazzi, qui Ferrara decide di personalizzare la sua opera, e fare la sua visione personale su come si sbrigano gli "affari" per costruire le cose in città, diciamo che c'è in ballo l'inciucio tra politica e malaffare, perchè mancano i soldi, e allora chi può aiutare se non un gangster?
Ferrara è al suo meglio, un film sorprendente dalla prima all'ultima scena, e che non stanca mai, riesce benissimo nell'intento di catturare lo spettatore cercando di fare capire i personaggi della storia e le loro azioni se pur discutibili, sono al centro del come gira il mondo in certi luoghi, Le azioni di Frank sono pienamente discutibili, anche se le fa per una buona causa, anche se si deve scontrare con chi ha dei debiti con lui o con chi lui ha dei debiti, poco importa, basta lasciare il terreno libero per i suoi affari, che sono la cosa più importante nel mondo in cui vive, perchè mettere i bastoni tra le ruote non serve, servono altre cose, meglio che gli altri non stiano nella sua strada, perchè il suo obiettivo è quello.
Ferrara mette un cast di attori eccezionale, multirazziale, che magistralmente riesce a interpretare ognuno di loro il proprio ruolo, bellissima la fotografia marcata di Bojan Bazelli che ne ricalca le sfumature e gli ambienti come gli umori dei protagonisti, ma è nella sceneggiatura di Nicholas St John, abituale collaboratore di Ferrara e nella regia stessa di Ferrara, che è serratissima e mozzafiato  il segreto di un piccolo grande capolavoro da collezionare.


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