Film sull'incomunicabilità, sul dolore, e sul silenzio che infonde più dolore di qualsiasi parola, Ingmar Bergman in questo terzo capitolo sulla trilogia religiosa, Bergman mette in scena il rapporto conflittuale tra due sorelle e l'incapacità di comunicare tra loro, ma soprattutto l'incapacità di comprendersi fino in fondo, e un cameriere che parla un altra lingua ma comunica con Ester, che di mestiere fa la traduttrice, meglio di chiunque altro, senza dubbio è uno dei film più dolorosi di Bergman, forse anche dei più sofferti, non c'è altruismo in Anna, non c'è bontà, ma solo egoismo, ed è proprio questo che la porta a chiudersi a sua sorella, e a pensare a se stessa, tanto è malata, è un peso, meglio pensare a me stessa e a mio figlio invece che a lei.
Ed ecco che qui esce la capacità di Ester di comunicare, Ester è più aperta al mondo, più altruista, è malata, capisce che deve fare delle scelte che riguardano la sua vita, ma per realizzarle ha bisogno degli altri, in un certo senso tutti abbiamo bisogno di qualcuno, forse di qualcuno di superiore a noi per avere un aiuto, psicologico, morale, affettivo, ciò che la sorella Anna non da, è forse questa la differenza tra Dio e gli uomini? Lui è capace di parlare ed aprirsi, ma noi siamo incapaci di comunicare e di vedere ciò che ci sta intorno? Alla fine Ester riesce a comprendere una parola, che vuol dire Anima.
CAPOLAVORO.
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